mercoledì 14 aprile 2021

Endoterapia di massa dei pini

 

Endoterapia di massa dei pini?


 No grazie.




Il problema dei pini a Roma non è la Toumeyella parvicornis, ovvero la cocciniglia tartaruga, perché, questo insetto, diffuso da Napoli a Roma, è la diretta conseguenza del pensiero di coloro che prima del suo avvento avevano deciso che i pini a Roma non dovevano più esserci nelle alberate, ma solo nelle pinete. Il problema dei pini di Roma è quindi un problema politico. Bisogna chiaramente esprimersi in maniera politica su due possibili scelte : 1. i pini a Roma sono una risorsa ed è quindi giusto che vengano piantati nelle alberate della città come è successo per almeno cento anni; 2. i pini a Roma sono alberi obsoleti che devono essere sostituiti con alberi più adatti.

Si evidenzia pertanto il fatto che un intervento politico legato alle due scelte proposte sopra risolverebbe anche il problema di un parassita che sta distruggendo i pini di Roma. Il problema cocciniglia tartaruga non si potrà mai risolvere investendo risorse e mezzi economici sull'endoterapia di massa. Il motivo di questo assunto è legato al fatto che gli stessi operatori che intervengono sulla cura dei pini potrebbero con dolo (un dolo non controllabile) pensando esclusivamente al proprio tornaconto personale (espresso in migliaia di euro di guadagno al mese) veicolare le neanidi dell'insetto. A questa ipotesi fantascientifica sì, ma allo stesso tempo realistica ( non è certo andata così ma potrebbe essere stato possibile e potrebbe sempre esserlo) possiamo poi aggiungere l'azione degli eventi naturali (per esempio il vento che trasporta a distanza le leggere neanidi) che hanno trasformato un attacco limitato e localizzato in una vera e propria pandemia. Certo che diverso sarebbe il discorso se l'intervento chimico di lotta contro l'insetto fosse demandato esclusivamente a operatori pubblici pagati dallo Stato. Non ci sarebbe nessun tipo di interesse personale e pertanto nessuna necessità di veicolare la diffusione dell'insetto. Per questi motivi semplici e allo stesso tempo logici (cosa sarebbe la sanità italiana se fosse gestita completamente da privati che non hanno nessun tipo di controllo?) che puntare politicamente sull'endoterapia è un errore, non solo un errore ma direi un grave errore, che coloro che si occupano del verde della nostra città da anni hanno già sperimentato a proposito delle palme. Io sono stato un Palmiers, sono sceso in piazza ho organizzato una manifestazione a Piazza Venezia nel 2010 nella quale richiedevamo l'intervento dello Stato. Questo intervento (usando un calembour) non c'è mai stato. C'è stata la lotta obbligatoria fallimentare che nessuno ha mai controllato. Cito (io c'ero) l'esempio di Villa Sciarra dove per mesi interi si sono visti resti di palme morte attaccate con larve e bozzoli in giro nella villa. La responsabilità di una pandemia, avvenuta grazie a delle palme infette importate in Sicilia e che ha cambiato profondamente il paesaggio italiano, è stata tutta scaricata sui privati che, piuttosto che intervenire con costosi trattamenti chimici (dannosi per l'ambiente, le api e tutti gli insetti utili) hanno preferito non solo tagliare ma mai più ripiantare palme. Investire quindi come stanno chiedendo delle persone ignoranti (che ignorano cioè che cosa sia un albero) e che non hanno mai trovato il tempo ( e la voglia) di studiare gli alberi, sull'endoterapia è senz'altro un buon modo per non risolvere il problema e però sì creare nuovi e cospicui introiti per quelle società o aziende private che già si sono arricchite nel passato con il trattamento per le palme e che oggi produrrà nuovi guadagni a scapito della salute dei pini. Oggi il lavoro delle aziende e società specializzate nell'abbattimento di alberi ( un lavoro che ha avuto un vero e proprio boom nel fatturato confrontato agli anni precedenti) dopo un massiccio taglio degli alberi in città (soprattutto quelli di prima grandezza pini e cedri) ha subito una profonda flessione visto che oramai i privati, e gli amministratori di condominio, gli alberi che potevano tagliare li hanno già tutti tagliati. Quindi aprire una nuovo fronte di lavoro quello dei trattamenti chimici, che l'esperienza delle palme ci insegna essere un fronte fallimentare (l'esperienza a qualcosa servirà nella vita) rappresenterebbe per queste aziende e società una vera e propria boccata di ossigeno. Nuovi profitti quindi e nuovi guadagni. Ricordo a questi “cittadini distratti” che in questi ultimi cinque anni a Roma sono stati tagliati diverse migliaia di pini sani, anzi sanissimi, alberi che fino ad allora ci avevano regalato ossigeno, ombra, acqua e vapore soprattutto d'estate. Alberi tagliati solo perché gli aghi sporcavano, le radici creavano qualche problema risolvibile con interventi mirati a degli amministratori di condominio. Io ho sofferto, ho pianto dal dolore dopo aver vissuto lo spettacolo del massacro dei pini su via Appia. Ma non sono stato fermo, non mi sono certo chiuso in me stesso accettando passivamente una maggioranza ignorante fuorviata da luoghi comuni che riguardano la fisiologia dei pini e veicolati da quotidiani che vendono cronaca spiccia e pubblicità. Ho risposto alle domande, ho utilizzato il mio tempo sempre gratuitamente ( a differenza degli operatori che presto diventeranno ricchi con l'endoterapia così come è successo con il punteruolo rosso) per porre un argine alle parole di un sindaco che pubblicamente ha affermato che i pini non sono più alberi adatti a vivere in città. Per questo mi sono battuto e impegnato per creare un'associazione che oggi comprende centinaia di soci che si chiama Amici dei Pini di Roma (questo mio scritto è a titolo personale e potete leggere le linee di azione e il lavoro che ha svolto l'Associazione nella pagina ufficiale presente su Facebook). Quello che chiedo a chi mi legge è quindi: ma ieri questi cittadini, che oggi stanno favorendo gli interessi privati di operatori che si arricchiranno, quando sono stati tagliati migliaia di pini in tutta la città in un vero e proprio massacro di alberi che non ha precedenti nella storia di Roma dov'erano? Non sarà forse che così come succede con le lumache quando piove questi cittadini che rispondono agli ordini di candidati che stanno caricando le cartucce per le prossime elezioni politiche escono allo scoperto diventando all'improvviso “paladini degli alberi” e poi scompariranno così come le lumache una volta conclusa la campagna elettorale? Io ho fatto la domanda sta a chi mi legge rispondere.

Penso quindi che l'azione politica sia prioritaria rispetto a quella tecnica. Il problema politico non è certo quello dell'alberata di pini via dei Fori imperiali colpita dalla cocciniglia tartaruga (un alberata storica famosa in tutto il mondo) ma il vero problema è che dei politici hanno fatto la scelta, dopo che diversi esemplari sono caduti negli anni , di non ripiantare pini. Solo un anno fa qualcuno ha pensato bene di ripiantare al posto di un pino caduto una quercia. Se ne sono forse accorti coloro che in questi giorni improvvisamente sono diventati paladini degli alberi in campagna elettorale? Ma veniamo alle soluzioni. Così come fa un allenatore di calcio che mette in azione uno schema tattico riprendendo gli schemi delle squadre vincenti o come hanno fatto i giapponesi che hanno copiato il meccanismo di una macchina fotografica americana per poi diventare a distanza di anni l'eccellenza nel mondo, se io ho a cuore i miei amici pini devo riferirmi a quelle esperienze che si sono dimostrate vincenti in occasione di massicci attacchi di insetti che stavano per far sparire intere specie di alberi in Italia. Se io ho a cuore i miei amici pini non devo certo ripetere la tragica storia della scomparsa delle palme dal paesaggio italiano. Per ciò che so, e la mia limitata esperienza, un'esperienza vincente in Italia è quella che ha riguardato l'attacco del cinipide galligeno del castagno Dryocosmus kuriphilus. L'attacco di questo insetto impediva la fioritura e poi la successiva produzione delle castagne. Grazie all'interesse motivato dei coltivatori che avevano quindi interessi personali economici (la produzione delle preziose e nutrienti castagne) per sconfiggere l'insetto, i castanicoltori grazie alla ricerca e al continuo approfondire argomenti scientifici hanno trovato un imenottero parassitoide, chiamato Torymus sinensis, che dopo un'opportuna produzione con dei lanci mirati ha combattuto in maniera vincente l'insetto galligeno e ha permesso a tutti gli italiani di tornare a gustare le preziose e buone castagne. Pertanto la soluzione sulla quale bisogna investire risorse economiche e politiche non è certo la lotta obbligatoria (l'esperienza ci insegna ,sempre con l'esempio palme, che la lotta obbligatoria non serve a ridurre il problema) e tanto meno l'endoterapia di massa. Ma le soluzioni che propongo sono due: 1. creare un comitato tecnico scientifico che si occupi di lavorare nel tempo, così come è successo per il castagno, per trovare e poi coltivare un insetto parassitoide che attacca la cocciniglia; 2 oltre al comitato tecnico scientifico del Ministero, lavorare con tanti e numerosi piccoli comitati tecnici di associazioni, cittadini (così come è successo con le associazioni di castanicoltori) che come fine abbiano quello di studiare, conoscere, approfondire facendo pressione, usando una metafora, rimanendo “con il fiato sul collo”, sulle scelte e sul lavoro del comitato scientifico. Scelte e lavoro che non solo devono essere rese pubbliche ma devono essere continuamente aggiornate partendo anche dal lavoro e dagli stimoli delle associazioni e dei cittadini. Associazioni che si occuperanno quotidianamente di diffondere i progressi di queste ricerche sui media sollecitando a loro volta i giornali e le televisioni e giungere prima possibile alla soluzione di questo problema. Certo, se nel frattempo si tratta di curare esemplari particolari o vetusti si può pensare ad un intervento di endoterapia. Non è certo però questa la soluzione visto che poi quell'albero avrà dei problemi anche nel tempo perché dopo diverse volte non si potrà più ripetere l'intervento.

Antimo Palumbo