lunedì 17 novembre 2008

Gli alberi: attaccapanni per l'arredo urbano

Riportiamo questo articolo di Antonio Carbone
uscito il 22 Settembre 2008 su MagazineRoma.it
sulla moria dei nuovi alberi piantumati a Roma: in via Labicana , in via Prenestina, ma anche in altre parti della città . Si tratta di Quercus pubescens, roverelle, alberi che a dispetto del nome possono arrivare a più di trenta metri di altezza con tronchi dalle grandi circonferenze. Alberi che come dice l'articolo hanno smesso la loro funzione di esseri viventi bisognosi di terra e sono diventati "arredo urbano". Un arredo urbano che li paragona ad attaccapanni di plastica. E loro con un terreno non adatto alle loro esigenze pedologiche, asfissiati dalle nuove pavimentazioni che non fanno respirare le loro radici, non attecchiscono e muoiono. Non sarebbe il caso di rivedere queste nuove pavimentazioni o studiare perchè gli alberi non attecchiscono? Un tecnico mi diede il suo parere per quelli della Prenestina (un tutore troppo leggero ,che avendo fatto muovere il panetto di terra con le radici, non avrebbe dato la possibilità alla pianta di attecchire con le radici nella nuova terra. quale terrà? Ancora una volta la schizofrenia dei lavori della città moderna : la ditta che fa i marciapiedi pensa solo a quello, lascia uno spazio vuoto dove una volta finiti i lavori arrivera la ditta in appalto che pianterà i suoi alberelli. Nessuno, ne la ditta dei marciapiedi ne quella del vivaio che pianterà gli alberi, avrà per un attimo pensato alla necessità primaria di un albero : ovvero la terra. Nella nostra città abbiamo rimosso la terra. Gli spazi esterni sempre più assomigliano agli spazi interni. Spazi senza polvere, asettici, puliti e ordinati. Spazi simili a quelli che le masse percorrono nei sabati pomeriggi nei centri commerciali. Spazi che seguono i comandamenti di Mastro Lindo e ci fanno comprendere quanto noi umani siamo stati bravi a vincere la natura ed ad assoggettarla alle nostre esigenze. Peccato che in questo giovane rinnovamento del progresso, un progresso che privilegia l'artificiale al naturale (sono i giovani politici i responsabili di questa nuova estetica della Città) sono gli alberi bisognosi di terra,acqua, concime a "lasciarci le foglie". Una vittoria parziale,(quella di noi esseri umani) della quale ce ne rendiamo conto quando la città oramai priva delle sue barriere naturali (gli alberi fanno anche da rompivento e barriera antirumore) e della sua terra ( i nuovi marciapiedi producono uno spettacolare effetto toboggan) viene messa al tappeto da tempeste e trombe d'arie sempre più frequenti. Non sarà il caso di pensare ad un convegno cittadino che tratti di questi argomenti? Noi di Respiro Verde lo stiamo facendo. Ma ecco l'articolo :


Il responsabile della messa a dimora degli alberi di via Labicana e le 7000 querce di Beuys
di Antonio Carbone


Finalmente! Se potessero parlare, probabilmente così gli alberi commenterebbero la pioggia caduta in questi ultimi giorni. Il caldo e la siccità dell’estate non ancora finita, li ha messi a dura prova e bisogna pur dire che raramente si sono viste in giro per la città autobotti del servizio giardini. Si sono dovuti accontentare dell’umidità contenuta nell’aria che durante la notte, a contatto con la terra e l’asfalto, riusciva a liquefarsi. Su via Labicana non è proprio uno spettacolo bello da vedere. In totale sono 47. 29 sono completamente secchi, 7 non se la passano affatto bene. Solo 11 hanno ancora qualche possibilità di farcela.Di che alberi si tratta? A giudicare dalla forma delle foglie, sembrerebbero delle querce. Ma stavano così già dalla scorsa estate, qualcuno fa notare insinuando il sospetto che non fossero adatte per questo tipo di arredo urbano. Arredo urbano, proprio così. Alla stregua di una panchina, un cestino per i rifiuti o di una pensilina. E dire che piantare alberi è una tra le pratiche più antiche. Forse tra le poche capaci ancora di riavvicinarci intimamente alla terra. E’ probabile che proprio questo ha pensato l’artista tedesco, Joseph Beuys, quando nel 1982 si adoperò per piantarne ben 7000 di querce nella periferia della città di Kassel dove era stato invitato a partecipare alla grande esposizione che si tiene lì ogni cinque anni. Chissà se chi ha approvato la scelta di piantare forse proprio lo stesso tipo di querce su via Labicana, avrà mai avuto modo di pensare la stessa cosa. E che cosa proverà adesso vedendosele sfilare sotto gli occhi, magari rimanendo seduto sul tram, come una lunga fila di esseri moribondi? Si assolverà, ritenendo di essersi attenuto alle normative vigenti o per caso avvertirà il senso di colpa per averle destinate a questa infelice ubicazione?

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