lunedì 27 ottobre 2008

Alberi e asfalto:

La guerra tra alberi e asfalto, una guerra iniziata dagli anni '50 in poi (milioni di milioni sono state le tonnellate di asfalto riversate sui terreni (piazza e marciapiedi) delle città) è quasi giunta alla sua fine : tagliati, spostati, ridotti ad alberelli piccoli e magri che ogni 6/7 anni devono essere sostituiti . Questo è "il bottino di guerra" che "l'esercito alberi" ha dovuto pagare per l'evoluzione del progresso. Un progresso che ha privilegiato (e ancora privilegia) l'automobile : il miracolo della nostra era, lo strumento che realizza il sogno dell'uomo "di avere le ali ai piedi", che ti permette di essere libero, di spostarti come e quando vuoi. Riprendiamo proprio su questo argomenti due documenti storici (usciti nel 2001 in occasione della difesa dei Pini storici di Marina di Campo) trovati sul sito del WWF Sezione arcipelago Toscano : le relazioni del Prof Francesco Ferrini docente di Coltivazioni arboree e ornamentali alla Facoltà di Agraria di Milano e dell'Architetto Sergio Rizzi . Due testi da leggere attentamente (con una proposta operativa , quella di intervenire modificando il terreno piuttosto che con la più rapida scelta del taglio e della ripiantumazione di nuovi alberelli) e che se riuscissero a raggiungere le scrivanie ( o in questo caso i monitor) degli addetti al Servizio Giardini delle grandi città potrebbero dare risultati insperati per la difesa degli alberi e per il nostro bene comune.

(Guardate la foto : non sarebbe più pratico, ed anche meno costoso, mettere degli alberelli di plastica? Le Lagerstroemie della foto in effetti sembrano proprio di plastica, durata massima di vita 6 anni. Sono belle, ornamentali? Bah! E la terra , dove e andata a finire la terra? E' stata rimossa dalla nostra società del progresso. Non è forse il caso di tornare ad essere Amici della Terra?)

Sergio Rizzi

Il mio vecchio Zingarelli, compagno di viaggio da molti anni, alla voce “politica” traduce "Arte di ben amministrare la città". Atteso che questa definizione corrisponda pienamente agli obiettivi dell’Amministrazione Comunale di Campo, e non avendo alcuna ragione in generale per dubitarne, mi chiedo quale consequenzialità possa sussistere tra questa specificazione e quelle otto righe tra virgolette apparse sul Tirreno di martedì scorso, 20 novembre, nelle quali si prospetta l’abbattimento di 89 pini, tanti sono quelli (101 ove si considerino anche i 12 di fronte al Municipio, 118 includendo quelli precedenti il Bovalico) che accompagnano le tre strade menzionate, via Mascagni, via Roma, via Pietri e che rappresentano, comprendendo i 10 già abbattuti, la metà della dotazione complessiva (eccettuata la pineta di viale Etruschi) di 255 pini messi a dimora, lungo i decenni precedenti, nell’insediamento urbano. Certo nessuno può essere insensibile ai diritti di chi è costretto all’uso di carrozzelle, come specificato nella motivazione del menzionato articolo, specie in un Paese dove le barriere architettoniche non hanno ancora trovato, anche a Campo, conseguenti considerazioni ed adeguate soluzioni. Tuttavia prima di avanzare decisioni irreparabili, che penalizzerebbero l’insediamento almeno per i prossimi 15/20 anni, come prospetta la lucidissima relazione del Prof. Francesco Ferrini, sarebbe ragionevole domandarsi, mi pare, se la causa di quei “marciapiedi divelti” (cito dall’articolo) sia davvero da accollare interamente ed esclusivamente alla semplice presenza di quel doppio filare di pini che punteggiano queste strade, senz’altro rimedio che il loro abbattimento. Per quanto non abbia ragione d’essere la pretesa che le deleghe amministrative nei diversi settori siano coperte da corrispettive competenze nel merito, è pur sempre ragionevole ritenere che chi ha responsabilità di governo del Territorio senta la necessità, senza infirmare il primariato della politica, di relazionarsi a specifici supporti tecnici che assegnino certezze operative ai provvedimenti da assumere. Ora è certamente comprensibile la suggestione dell’opinione popolare che responsabilizza la presenza dei pini in ordine ai “marciapiedi divelti”, ma una rapida lettura del documento di lavoro del Dr. Francesco Ferrini, Professore Associato alla Facoltà di Agraria di Milano, è condizione sufficiente a sfatare leggende e preoccupazioni. Il capitolo "Proposte di Intervento", con le indicazioni per ovviare all’inconveniente dovuto al sollevamento delle pavimentazioni da parte delle radici, indica il principio base di “migliorare le caratteristiche del terreno, aerandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici”, affermando anche, come ulteriore prescrizione, che la “creazione di uno strato isolante costituito da sabbia e pietrisco risolve il problema”, al punto che ricerche effettuate a distanza di diversi anni dall'intervento "anche su piante di oltre 30 anni" non presentano "segni sulla pavimentazione dovuti al sollevamento da parte delle radici". D’altra parte i pini esistono quasi tutti da oltre mezzo secolo, la nuova pavimentazione deve essere ancora eseguita, e soprattutto progettata, e la cosa consente dunque, mi pare, di organizzare l’intervento al meglio e secondo le regole dettate dal parere tecnico di competenza. Non è secondario annotare poi quanto relazionato al punto c) del capitolo "Problemi derivanti dalla mancanza di tale alberatura" dove si afferma che la sostituzione dell’esistente sarebbe “caratterizzata da una lunga fase (almeno 15-20 anni) di "degrado" (dovuta alla mancanza di alberi) e di "confusione ambientale" (assenza di una fisionomia tipicizzante della zona) che renderanno non solo meno attraente la zona nel suo intero, ma problematica la stessa gestione del nuovo impianto”. Altrettanto precise le "Conclusioni" quando si ricorda che “il popolamento vegetale oggetto della verifica richiesta presenta le caratteristiche predisponenti per la sua classificazione come una "zona verde della città di non comune bellezza paesistica"”, dove il termine "bellezza paesistica" è richiamato dall’Autore in quanto il bene di che trattasi è “configurabile come una delle tipologie naturalistiche (ambientale), paesaggistiche (estetica) e tradizionali dell’Arcipelago Toscano”. E infine il Prof. Francesco Ferrini afferma che “mancano i presupposti logici per la rimozione del bene oggetto”, ed ancora, in termini di assoluta chiarezza, che non è possibile prospettare, “in sostituzione dell’attuale vegetazione, la messa a dimora di piante appartenenti a specie con sviluppo più limitato ed appartenenti al patrimonio vegetale indigeno o naturalizzato che possano, in tempi ragionevolmente brevi, creare una continuità visiva con il verde presente nella zona e tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile che è quello di salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future a fruire delle risorse del territorio”. Le convincenti argomentazioni scientifiche del Prof. Ferrini sono ampiamente confortanti e certamente risolutive sul piano tecnico. E’ augurabile, a breve, un pronunciamento Amministrativo di merito nelle Sedi idonee. Da architetto riterrei non superfluo aggiungere alcune personali riflessioni esponendo le ragioni della indispensabile salvaguardia integrale di quel patrimonio, posto che qualcuno non si sia ancora reso conto di cosa sarebbe via Roma, una strada poverissima di edilizia, senza il supporto della straordinaria architettura rappresentata da quella stupenda presenza di verde. Con o senza pavimentazioni in granito. “Simon Schama, presentando il quadro di Asher Brown Durand "Nel bosco" (1855), ne assimila le betulle inclinate le une verso le altre a strutture riecheggianti l’architettura gotica”. La citazione, che ricorda una notazione presente nel gran libro di Schama "Paesaggio e memoria", è tratta dall’ultimo libro "Architettura e Paesaggio / Memoria e pensieri" di Lodo Meneghetti, Professore ordinario di urbanistica alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, già direttore del Dipartimento di progettazione dell’architettura e Condirettore dell’Archivio Piero Bottoni. L’opera, per la quale ho avuto il privilegio di partecipare recentemente, con una mia relazione esegetica, alla sua presentazione pubblica, si origina proprio dal raffronto tra l’Architettura e gli elementi costitutivi del paesaggio naturale, foreste, fiumi, montagne, essi stessi “altre architetture, pur acquisibili nel nostro schedario di architetti e dunque utilizzabili nei ragionamenti generali o distintivi sull’architettura”. Da qui si dipana il “filo delle interpretazioni e dei pensieri” dell’Autore sul rapporto Natura-Architettura: l’architettura delle foreste, l’architettura dei boschi, “l’architettura del singolo albero”. Su questa riflessione di Meneghetti è interessante relazionarci con Pietro Citati per un suo articolo su "Repubblica" dello scorso giugno dal titolo emblematico "Requiem per gli alberi in città" nel quale, ricordando gli straordinari esempi di viali alberati che “proteggevano d’ombra il passo dei viandanti”, annota, non senza adeguata insofferenza, “l’immensa idiozia degli urbanisti e dei Comuni degli anni Cinquanta e Sessanta” nella sistematica distruzione degli alberi in città e la sconsolata visione di come “i grandi viali verdi, che erano stati l’orgoglio dell’urbanistica ottocentesca, sono ormai le pallide ombre scheletriche di se stessi”. E’ poi lo stesso Meneghetti a richiamare ancora Pietro Citati per un suo scritto proposto al Convegno sul Paesaggio, promosso dal Ministero dei Beni Culturali nel novembre ’99, in relazione ad un passaggio sugli alberi che popolano le rovine di Fountains Abbey nello Yorkshire: “La relazione tra natura e arte è stata fissata per sempre. Gli alberi hanno la stessa dignità di una cattedrale. Questo ci fa capire che dobbiamo difendere ogni quercia, ogni pino, ogni leccio, come se difendessimo le pietre stesse della cattedrale…”. Ora sto qui davanti alla "dignità" cinquantennale di questo duplice filari di pini di via Roma, e l’osservazione di Citati, ripresa da Meneghetti, mi appare in tutta evidenza e tanto intelligente da assumere persino un significato anche più convincente dell’immagine di architettura osservata da Schama in quell’intreccio di alberi raffigurati nel quadro di Durand. Perché qui, nel reale, sono davvero i pini la vera architettura di questa strada: una galleria, la straordinaria galleria di Campo che conduce al centro storico e che, con la sua forza, riesce persino ad assegnare significato alla palese scarsezza della cortina edilizia. Una presenza, tra l’altro, nient’affatto isolata perché la "galleria" è partecipe di un più vasto sistema che si origina dal fosso Bovalico dove i pini iniziano a punteggiare, ai due lati della strada, il passaggio della “Provinciale” in viale di accesso all’insediamento urbano, interagendo lungo via Roma coi 12 pini prospicienti il Comune e con quelli della "finitiva" (via Pisa), per connettersi coi pini di Aleppo del lungo mare Mibelli e delle successive aree pubbliche tramite le folte presenze arboree dei giardini privati sul sullo steso viale Mibelli. Un disegno preciso dunque, che si ritrova anche lungo la via Pietri, l’altra direzione di accesso a Campo, anch’essa punteggiata da un doppio filare di pini a sostenere il rapporto di avvicinamento dalla campagna all’insediamento. Non si può pertanto non rilevare che nell’obiettivo, assai condivisibile, di un consolidamento dell’uso pubblico dell’area urbana questo "sistema verde" rappresenta un elemento imprescindibile. La giusta preoccupazione di assegnare maggiore vivibilità all’insediamento verrebbe di fatto contraddetta nella prassi ove l’abbattimento dichiarato venisse davvero portato a termine, a fronte di abbellimenti sovrastrutturali di pavimentazioni, cordoli, fioriere, panchine e quant’altro proposto in fatto di attrezzature dello spazio pubblico in uno sforzo davvero inutile e secondario ove tale spazio fosse poi privato dell’unico elemento di significato che lo sostiene, come d’altra parte si annota in tutta evidenza quando, provenendo dall’alberata via Marconi, ci si affaccia sul primo tratto di via Roma, orfana dei pini già abbattuti, ancorché sconciati da precedenti potature non professionali. La durezza del paesaggio, reso ancor più triste dai due poveri lecci malandati, di nuovo impianto, i quali affrontano in solitudine il trentennale cammino che, ove riescano a sopravvivere, li renderà finalmente "alberi", è solo mitigata dal sospiro di sollievo che suscita la lontana, bellissima visione della successiva galleria alberata. Dovranno forse i Campesi e gli ospiti stagionali rinunciare anche a questo?

Francesco Ferrini

Prof. Francesco Ferrini. Relazione tecnica sull'alberatura sita in Via Roma a Marina di Campo (LI) ed adiacenze.
Milano 8 ottobre 2001 Oggetto: Relazione tecnica sull'alberatura sita in Via Roma a Marina di Campo (LI) ed adiacenze.

Premessa Il sottoscritto Francesco Ferrini, professore associato presso la Facoltà di Agraria di Milano, ha ricevuto incarico da parte dell'Avv. Renato Palmieri, Via Mascheroni 1, 20123, Milano, per la stesura di una relazione tecnico-scientifica che accerti e descriva, previe opportune indagini, lo stato dell'alberatura di Pinus pinea di Via Roma ed in particolare le caratteristiche della vegetazione ed il suo inquadramento paesistico nel Comune all'oggetto della presente relazione. Al fine di poter esperire all’incarico affidatomi, ha provveduto ad effettuare alcune ricerche bibliografiche ed a prendere in esame la documentazione prodotta dall'Avv. Palmieri. Per poter espletare in modo più possibile esaustivo l’incarico ricevuto e per capire l’evoluzione che ha caratterizzato e che caratterizzerà l’area ho previsto di articolare la presente relazione nei seguenti capitoli:

1) Ruolo dell'alberatura stradale

2) Metodologie di analisi dello stato di salute degli alberi

3) Problemi derivanti dalla mancanza di tale alberatura.

4) Proposta d’intervento e conclusioni Ruolo dell'alberatura stradale1)

Ruolo estetico-paesaggistico (Ornamento dell'ambiente). La funzione paesaggistica è talmente nota che basterà accennarla brevemente. Si pensi solo a quante volte un paese, un angolo di città, una via, una piazza vengono identificate dagli alberi che vi dimorano. L’albero diventa perciò un elemento distintivo, un punto di riferimento e che, spesso, costituisce un elemento di raccordo fra passato e presente.In questo contesto l’albero va considerato come “elemento architettonico” essenziale nel disegno delle viabilità e, pertanto, nelle opere di manutenzione, cura e (eventualmente) sostituzione, non sono certo indifferenti le caratteristiche biologiche, quali la specie, il portamento, la dimensione, etc. Gli alberi possono svolgere infatti diverse funzioni dal punto di vista architettonico ed ingegneristico: forniscono infatti “privacy”, valorizzano panorami, nascondono visioni sgradevoli, costituiscono uno sfondo per esaltare caratteristiche del paesaggio e, infine, attenuano, completano e valorizzano le linee architettoniche degli edifici. Con un’adeguata selezione e manutenzione, gli alberi possono valorizzare una proprietà ed essere ad essa funzionali, senza violare i diritti ed i privilegi dei vicini e della comunità.

2) Ruolo sanitario o ecologico (De Vecchi et al., 1996; Giordano E., 1989): La capacità degli alberi di fissare polveri e gas tossici nonché di liberare ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana giustifica l'attributo che è stato loro dato di "polmoni di verde". Oltre a tutto questo gli alberi sono in grado di attutire i rumori delle varie attività urbane apportando un contributo non trascurabile anche alla salute acustica (Batistoni et al., 1995). Non secondarie sono anche le funzioni di habitat per avifauna, miglioramento del microclima, in termini di attenuazione degli eccessi di temperatura, vento e pioggia.

3) Ruolo economico: i benefici economici apportati dalla presenza delle piante, pur essendo non facilmente determinabili, sono sia diretti, sia indiretti. I primi sono direttamente collegati con il risparmio energetico che la loro presenza produce, in termini di minori spese di condizionamento e di riscaldamento (effetto protezione dal vento). Essi rappresentano, inoltre, un notevole investimento: il valore di casa con giardino o, comunque, poste in una zona alberata, è, infatti, superiore a quello di casa che ne sono prive o che si trovano in zone prive di spazi a verde (ricerche condotte negli Stati Uniti hanno evidenziato un valore delle abitazioni in zone residenziali con presenza di verde superiore di circa il 10%, rispetto alla stessa tipologia di abitazioni situate in zone senza aree verdi). Il risparmio in costi energetici e l’aumento del valore della proprietà apportano, quindi, benefici diretti al proprietario. I benefici economici indiretti sono molto maggiori, poiché interessano intere comunità: le spese per l’energia elettrica sono inferiori, i consumi di combustibili fossili è inferiore e, conseguentemente, anche le emissioni inquinanti risultano ridotte; non ultimo è l’effetto che la copertura vegetale esercita nel controllo degli eventi meteorici, soprattutto in relazione a eccezionali eventi idrici.Dal punto di vista ecologico, pur non essendo il pino domestico una specie nativa dell'arcipelago toscano, è da considerarsi naturalizzata, tanto da rappresentare in certe aree, quasi un'icona del paesaggio isolano. Non appaiono, perciò, giustificate, in questo senso, le motivazioni di rimozione di questo che è ormai divenuto un patrimonio delle nostre zone costiere, patrimonio che le contraddistingue da tutte le altre presenti nell'areale mediterraneo e non. Metodologie di analisi dello stato di salute degli alberi.Dal materiale fotografico prodotto dall'Avv. Palmieri, non si evince una situazione di potenziale pericolosità dell'alberatura di pini domestici di cui all'oggetto. È, comunque, da rilevare, a tale proposito, che non è possibile trarre conclusioni perentorie sullo stato di salute degli alberi, poiché questo richiede una serie di analisi strumentali oggettive dalle quali non si può prescindere qualora si debba decidere di procedere ad un eventuale abbattimento, che appare ingiustificato qualora la risposta dell'analisi strumentale non fornisca dati negativi sullo stato di salute degli alberi stessi. Appare, perciò, auspicabile, prima di procedere ad eventuali abbattimenti delle piante, la verifica dell'effettivo stato di salute delle piante da condursi tramite un'analisi strumentale in profondità dei tessuti legnosi, utilizzando gli strumenti e le metodologie previste nel metodo VTA (Visual Tree Assessment) che saranno di seguito descritte.Il metodo VTA (Visual Tree Assessment) è un metodo sviluppato da Mattheck in Germania, il quale sulla base di studi scientifici ha dimostrato che i difetti statici interni di un albero sono solitamente legati a determinati sintomi esterni. L’entità dei danni, tuttavia, non è sempre esattamente valutabile dal punto di vista quantitativo, per cui è necessario affidarsi anche a misurazioni strumentali che abbiano caratteristiche oggettive e ripetibili. Il Martello elettronico, il Resistograph ed il Frattometro forniscono, in proposito, i dati quantitativi oggettivi e numerici indispensabili per questo genere di indagini.IL VTA è un metodo di controllo visivo dell’albero il quale, guidato dai principi della biomeccanica e basato sull'assioma della tensione costante prende in considerazione e si allinea con la corrente giurisprudenza in materia.

La procedura VTA consta di tre fasi:

- Esame visivo per l’accertamento (diagnosi) dei sintomi di difetti e della vitalità dell’albero. I sintomi che sono presi in considerazione riguardano la vitalità generale dell’albero, lo sviluppo di funghi e/o parassiti, la presenza di sintomi di difetti meccanici, sintomi tipo “vernice screpolata, come indicazione di rottura fragile, carie bruna, indicazioni derivanti da elementi di rinforzo. In assenza di sintomi che indichino che l’albero è significativamente a rischio la procedura si conclude in questa fase.

- Approfondito esame di ogni difetto evidenziato nella prima fase.

- Nel caso che siano riscontrati dei sintomi, il corrispondente difetto deve essere confermato e misurato mediante un’indagine approfondita. Ciò può essere effettuato mediante la misurazione della velocità di propagazione di un’onda sonora attraverso la sezione trasversale oppure mediante l’applicazione di uno dei tanti metodi basati sulla perforazione del legno.Il sistema Resistograph permette di ottenere dati sulla carie e consente di valutare gli incrementi annuali in modo non distruttivo per l'albero; offre la possibilità di analisi e diagnosi sul posto di alberi situati in parchi, giardini o ai lati di strade per accertamenti di sicurezza stradale o di determinare la qualità del legno di alberi non ancora abbattuti (per es. per l'acquisto del legname). I risultati, rappresentabili in forma grafica, possono essere allegati anche a protocolli giudiziari come prove non falsificabili. Il profilo resistografico è in grado di evidenziare i diversi stadi di decomposizione del legno. Le zone di passaggio tra le parti affette da carie e quelle circostanti, permettono di prevedere la tendenza all'espansione. L'altezza del profilo e la distribuzione delle carie forniscono informazioni anche sulla capacità di portata.Tramite l'analisi computerizzata del profilo si possono valutare il decorso della crescita e le zone di legno estivo ed invernale. La curva della densità viene registrata, in campo, simultaneamente su PC portatile e su di una stampante per la visualizzazione rapida sul posto.Il costo dell'analisi strumentale, da effettuarsi da parte di ditte specializzate nel settore è quantificabile in circa £ 200.000 +IVA per singolo albero.

Problemi derivanti dalla mancanza di tale alberatura.

Da quanto suddetto appare abbastanza chiaro quali sarebbero gli effetti della rimozione dell'alberatura presa in esame:

a) perdita di valore degli immobili presenti nella Via Roma e nelle contrade adiacenti, quantificabile in percentuale variabile dal 5 al 20%.

b) modifica del microclima con maggior sbalzo termico fra estate ed inverno (estate più calda ed inverno più freddo) e peggioramento della qualità dell'aria, sulla quale verrebbe a mancare l'effetto tampone dell'alberatura che si esplica in modo diretto (abbattimento del pulviscolo e del particolato presente nell'aria) e indiretto (produzione di ossigeno e rimozione di biossido di carbonio come conseguenza dell'attività fotosintetica).

c) È importante mettere in evidenza che, comunque, il popolamento vegetale che interessa l’appezzamento preso in considerazione non si trova in condizioni di degrado tali, stantibus rebus, da giustificarne la rimozione; l'eventuale sostituzione della stessa sarà, infatti, caratterizzata da una lunga fase (almeno 15-20 anni) di “degrado” (dovuta alla mancanza di alberi) e di “confusione” ambientale (assenza di una fisionomia tipicizzante della zona) che renderanno non solo meno attraente la zona nel suo intero, ma problematica la stessa gestione del nuovo impianto.

Risoluzione problema sollevamento manto stradale.

Per quanto riguarda l'inconveniente dovuto al sollevamento del manto stradale da parte delle radici dei pini è da sottolineare che questo problema non è causato solo da questa specie, ma può presentarsi quando gli alberi sono piantati troppo superficialmente o, a causa di problemi di compattazione del terreno o di scarsa areazione dello stesso, le radici si mantengono superficiali.Per ovviare a questo tipo d'inconveniente sono state proposte varie soluzioni, le quali, comunque, hanno tutte come principio-base, quello di migliorare le caratteristiche del terreno, areandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici.Alcuni autori propongono di aumentare lo spazio a disposizione delle piante tramite la creazione di una piccola aree non pavimentata (e magari coltivata a prato o con idonee tappezzanti) sufficientemente ampia intorno al tronco delle piante.La superficie necessaria può essere quantificata in circa 4 mq (lato del quadrato alla base del tronco di circa 2 m). Distanze inferiori rischierebbero di causare danni agli apparati radicali degli alberi. Ricerche recenti hanno evidenziato una notevole efficacia dei tessuti geotessili nel prevenire la crescita superficiale delle radici. L’eventuale uso di tessuti preventivamente imbevuti di un principio diserbante è oramai divenuta di largo uso in certe aree degli Stati Uniti e del Nord Europa. Il meccanismo attraverso il quale questi tessuti funzionano è di cauterizzare gli apici radicali non appena questi giungono a contatto con il principio diserbante. Questo determina la deviazione della crescita verso gli strati più profondi del terreno. Questi tessuti potrebbero essere posti sia sotto il manto stradale sia ai lati della buca d'impianto per impedire un andamento eccessivamente plagiotropo dell'apparato radicale.La rimozione (o il semplice ricoprimento) della pavimentazione in asfalto e la sua sostituzione, previa creazione di uno strato “isolante” costituito da sabbia e pietrisco, risolve il problema del sollevamento del manto stradale da parte delle radici degli alberi. Ricerche effettuate su questo argomento ed esperienze dirette nel nostro paese hanno fornito ottimi risultati anche su piante di oltre 30 anni di età, tanto che a distanza di diversi anni dall'intervento effettuato non sono evidenti segni sulla pavimentazione dovuti al sollevamento da parte delle radici degli alberi. Si tratta, in sostanza, di creare uno strato “ostile” alla crescita radicale che, in questo caso, avviene negli strati più profondi del terreno e non interferisce col manto d’asfalto. La sostituzione di quest’ultimo con pavimentazioni pervie, formate da materiali porosi o, più semplicemente da autobloccanti, costituirebbe un ulteriore elemento a favore dell’approfondimento radicale E' doveroso sottolineare che l'apporto di materiale inerte come ghiaia, sabbia o pietrisco non arreca alcun danno alle radici delle piante e che le eventuali lesioni causate dalla rimozione della pavimentazione stessa non hanno riflessi importanti sulla fisiologia della pianta.In tutti i casi bisognerà limitare al minimo ogni taglio e rimozione di porzioni radicali ed i tagli dovranno essere effettuati mediante opportuni utensili (trance e cesoie da potatura) cercando di ottenere tagli netti con superfici. In nessun caso dovrà essere usato per il taglio delle radici la bennea o altro organo di ruspe o altre macchine da scavo e bisognerà trattare le superfici di taglio ed il terreno di radicazione mediante prodotti fungoantagonisti specifici (tipo Biochem RADIX). La mancata osservanza di queste disposizioni può causare il propagarsi di affezioni fungine responsabili del marciume radicale le cui conseguenze sulla vita degli alberi sono molto gravi.

Conclusioni.

Da quanto esposto in precedenza, in merito alla descrizione del luogo appare evidente che la vegetazione e l’ambiente nel suo complesso presente, possiedono i connotati tipici delle zone marine; pertanto il popolamento vegetale oggetto delle verifica richiesta presenta, le caratteristiche predisponenti per la sua classificazione come “una zona verde della città, di non comune bellezza paesistica”. Il termine di “bellezza paesistica” risulta in totale coincidenza con le caratteristiche oggettive del bene sopralluogato; esso è, infatti, configurabile come una delle tipologie naturalistiche (ambientale), paesaggistiche (estetica) e tradizionali dell'arcipelago Toscano. Sulla base delle prove oggettive acquisite, è pertanto possibile affermare che mancano i presupposti logici per la rimozione del bene oggetto. In considerazione dell’importanza di un adeguato patrimonio arboreo ed arbustivo sul territorio comunale ed in particolare negli spazi afferenti le proprietà private non si prospetta, infatti, in sostituzione dell’attuale vegetazione, la messa a dimora di piante appartenenti a specie con sviluppo più limitato e appartenenti al patrimonio vegetale indigeno o naturalizzato che possano, in tempi ragionevolmente brevi, creare una continuità visiva con il verde presente nella zona e tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile che è quello di salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future a fruire delle risorse del territorio.

Prof. Francesco Ferrini

Professore Associato – Facoltà di Agraria di Milano

Docente di Arboricoltura ornamentale e Parchi e giardini

Bagno a Ripoli (Firenze)e-mail: francescoferrini@yahoo.it

Bibliografia consultata:

Blasi C., 1990. Ricerche geobotaniche e progettazione ambientale. Acer, 6:33-36.

Matteck c., Breoler H., 1998. La stabilità degli alberi. Il Verde Editoriale.

Ubaldi D., 1997. Geobotanica e Fitosociologia. Clueb - Bologna.

Batistoni P., Paddi S., Grossoni P., Bussotti F., Cenni E., 1995. Attitudine delle barriere vegetali a ridurre l’inquinamento atmosferico ed acustico di origine stradale. Acer 4:12-17.

De Vecchi M., Potenza A., Abollino O., Barni E., 1996. Arbusti ornamentali quali indicatori biologici dell’inquinamento atmosferico: primi risultati. Flortecnica, 3:88-91.

Giordano E., 1989. Verde pubblico e inquinamento. L’Italia Agricola, 2:73-78.

ISA, 1996. Benefici derivanti dagli alberi. Opuscolo ISA.

Wagar J.A. and Barker P.A., 1983. Tree root damage to sidewalk and curbs. Journal of Arboriculture, 9(7):177-181.

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