domenica 22 marzo 2009

L'Orto botanico di Parma rischia la chiusura
Impediamo che questo avvenga!

Giambattista Guatteri (1739-1793) fondatore dell'attuale Orto Botanico dell'Università degli Studi di Parma.

Riportiamo l'articolo di Giacomo Talignani e Antonio Mascolo uscito sulla Cronaca di Parma della Repubblica del 22 Marzo di quest'anno, in merito alla situazione dell'Orto Botanico di Parma che rischia seriamente di chiudere. E' questo fatto grave, un segno di impoverimento culturale , soprattutto per ciò che riguarda la "cultura degli alberi". Bisogna impedire che questo accada. Si tratta di trovare le formule giuste, le risorse e gli investimenti per impedire la chiusura di uno spazio storico creato nel 700 e che contiene degli esemplari arborei secolari ( un Ginkgo biloba piantato nel 1795) . Un Orto botanico non è solo patrimonio degli abitanti della città nel quale si trova ma anche degli altri cittadini (italiani e non solo) che ne possono usufruire. E usufruirne vuol dire entrare in contatto, conoscere e apprezzare le piante, gli alberi e i loro nomi. Nomina si nescis, perit e cognito rerum Se non conosci il nome , muore anche la conoscenza delle cose così diceva Linneo. E chiudere un Orto botanico vuol dire cancellare milioni di informazioni e conoscenze delle cose. Non bisogna permetterlo!
Chiude l'Orto botanico.L'indignazione dei lettori
Il Governo taglia i fondi all'Università e Parma non riesce più ad aprire al pubblico i suoi undicimila metri quadrati di alberi secolari e piante rare nel cuore della città. Il dibattito: "Era uno dei pochi luoghi dell'anima sopravvissuti. E ora i bambini dove andranno?". Su Facebook nasce il gruppo "Salviamo l'Orto botanico di Parma"
L'abbandono è tale che una mano anonima ha scritto con lo spray sul muro di vicolo dei Mulini: "Piantateci della canapa". Non va meglio dalla parte dello Stradone , dove hanno fatto un buco nelle recinzione grande che ci passa un uomo. Dentro è ancora peggio , arbusti, fogliame , rami secchi e soprattutto crepe negli edifici. Insomma c'è proprio l'aria di chiusura in quello che era nel 1600 l'Orto dei semplici dei Farnese e che dal 1770 è l'Orto Botanico della città: 11mila metri quadri, un bosco, in pieno centro, con alberi che hanno più di due secoli come una Ginkgo Biloba piantate nel 1791 e un Populos Tremuloides (un pioppo particolare) del giorno dell'inaugurazione effettuata dall'abate Giambattista Guatteri e della corte del Petitot.Ma storia e verde non bastano nei fatti concreti. Uno dei tesori della città ha chiuso i battenti, per mancanza di personale , per mancanza di fondi. Da Natale non entra più nessun estraneo: nè scolaresche , nè turisti , nè studiosi.Nella città dell'immagine per anni l'Orto Botanico è stato un fiore all'occhiello per organizzare Giornate verdi, Giardini aperti, concerti, serate , campagne elettorali. Ora tutti tacciono.Una volta c'erano tre dipendenti, giardinieri. Ora più nessuno. Al prof. Andrea Fabbri non resta che la resa : "Che faccio vedere? l'abbandono? Guardi anche stamattina c'erano due turisti inglesi sono stati dieci minuti davanti al cancello di vicolo dei Mulini. Io ho aperto ho fatto dare una sbirciata. Di più non si può fare. Alle scolaresche dalle elementari alle superiori abbiamo detto di no, non c'è personale. Ci sono le richieste e noi teniamo chiuso. Idee ne abbiamo tante ma non ci sono i soldi. Ci sono due alberi che hanno più di duecento anni se ne potrebbero fare dei piccolini per ricordo e venderli ai visitatori. Non c'è personale e anche la scuola di Botanica sta andando in malore. E' rotta fin la campana di vetro che conserva il miscoscopio ottico del Passerini . Mah forse la storia e la natura non interessano più a nessuno. Nemmeno in questa città che dispone di un tesoro come questo che è conosciuto davvero in molte parti del mondo".Il Rettore ha dato assicurazioni per vedere di indire un bando di concorso per un'assunzione mirata.L'ombra dell'incuria e della tristezza però ha aggredito la luce della natura. L'Orto botanico è chiuso, tutta la sua storia e la sua vita stanno diventando...foglie morte.

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al link seguente

Salviamo l'orto botanico di Parma

Pubblichiamo la risposta del prof. Andrea Fabbri

Carissimi,sento la necessità di ringraziarvi, insieme a tanti altri che hanno scritto sul sito di Repubblica o mi hanno contattato direttamente, offrendo sostegno morale, aiuto qualificato, disponibilità a partecipare ad attività anche pratiche, disponibilità a ricoprire eventuali posti di lavoro, denaro, consigli, ecc. C'è un signore che su facebook ha già messo insieme più di 500 nominativi a sostegno dell'Orto. La cosa, che mi spaventa un pò non essendo io abituato a tali strumenti, è sicuramente un segno di quanto l'Orto sia importante per i parmigiani. Non so quindi trovare le parole per esprimervi i più sentiti ringraziamenti.D'altronde la mobilitazione è stata in parte causata da un equivoco, almeno per chi ha letto le notizie secondo il titolo di Repubblica.parma.it. L'Orto non "chiude", ma "è temporaneamente chiuso". Il che significa che le poche forze che ho a disposizione stanno lavorando, a porte chiuse e quando e come possibile, per rimetterlo in sesto, e che non appena il rettorato riuscirà a perfezionare l'assunzione programmata potremo garantirne la riapertura.Il resto sono titoli, a volte provocatori, che i giornalisti usano per attirare l'attenzione dei lettori. Così è stato per l'"euro a testa", cui forse potremo ricorrere in extremis, ma che preferirei evitare facendo in modo che le istituzioni coinvolte facciano ognuna il proprio dovere; la frase serviva a far capire l'esiguità della somma necessaria a rimettere in sesto l'Orto.Vi saluto tutti molto cordialmente, sperando di incontrarvi presto all'Orto (meglio se a piccoli gruppi!)

venerdì 27 febbraio 2009

NO all'Acquedotto dell'Acea
nel cuore di Villa Borghese!

Riceviamo dall'Associazione Amici di Villa Borghese questo appello (al quale aderiamo) per difendere i 9 Platanus orientalis, piantati nel 1608 dal cardinale Scipione Caffarelli Borghese, e quindi con la veneranda età di 401 anni. Monumenti naturali della città, già poco considerati e protetti, che rischiano ,con questo intervento del passaggio di un acquedotto, possibili danneggiamenti all'apparato radicale, nel quale, ci piace ricordarlo, risiede il sistema neurologico dell'albero (vedi articolo alla fine del post) . Mentre il Platano dell'isola greca di Kos (un Platanus orientalis ) che la leggenda vuole sia stato piantato da Ippocrate è la risorsa turistica principale dell'isola con migliaia di persone l'anno che ci vanno apposta per vederlo, la valle nella quale vivono invece i nostri platani romani, invece di diventare un' attrazione turistica, è ,ahimè, chiamata Valle dei cani, poco frequentata per questo dagli umani e molto dai cani, e ancor di più dagli umani con i cani. E così se in tutto il mondo è alta la sensibilità e la cura per esemplari arborei di così alto valore che vengono protetti da possibili vandalismi e monitorati periodicamente da tecnici, in Italia si continua ad ignorarli. Si parla, si fanno convegni, però poi degli alberi monumentali nessuno se ne occupa, e in questo "occupa" intendiamo nessuno "sborsa un euro" per manutenerli.
Ricordiamo infine che i Platanus orientalis sono gli alberi che ispirarono ad Haendel la sua opera "Serse" con la sua celebre aria "ombra mai fu" e possono raggiungere se ben tenuti anche i mille anni di età.
Ecco l'appello dell'Associazione Amici di Villa Borghese
La Valle degli Antichi platani nel cuore di Villa Borghese, uno dei patrimoni storici artistici e naturalistici più importanti d’Europa, sta per essere sbancata dai bulldozer dell’Acea per realizzare un acquedotto. Quei platani sono veri e propri monumenti viventi: piantati agli inizi del Seicento, sono uno degli ultimi esempi sopravvissuti del paesaggio rurale seicentesco e pre-romano. La Valle, riconosciuta per il suo valore paesaggistico a livello internazionale, è tutelata da ben tre leggi e convenzioni internazionali: il decreto legislativo 42 del 2004 con le sue modifiche e integrazioni, la Convenzione Europea del Paesaggio sottoscritta anche dall’Italia, e la Carta di Firenze promulgata dall’Unesco. Ognuna di queste leggi e convenzioni proibisce l’impiego di mezzi pesanti, come i bulldozer Turbo dell’Acea, all’interno di queste aree protette. Per autorizzare lo sbancamento di quel santuario, le autorità comunali hanno fatto carta straccia di tutte le leggi di tutela. Le trincee previste dall’Acea - larghe almeno 1 metro e profonde 2 m., cioè più dell’altezza di un uomo, scavate a una distanza di appena 3 m. dalla base dei platani giganti, rischiano di provocare danni gravi e irreparabili. Una soluzione alternativa c’è, con una ragionevole modifica del percorso. Basta volerla. Chiediamo al Sindaco e all’Assessore di convocare con urgenza un tavolo tecnico, ed ascoltare gli esperti.
DITE LA VOSTRA
Scrivete al Sindaco e chiedetegli d’intervenire:
Sindaco di Roma, on. Gianni Alemanno: fax 06-679 4759; 06-6710 3590
e-mail:
ld.gabinetto@comune.roma.it; g.alemanno@comune.roma.it
Indirizzate lettere di protesta all’Assessore all’Ambiente, e chiedetegli di riunire con urgenza un "tavolo tecnico" per una soluzione alternativa:
Assessore alle Politiche Ambientali e Agricole, dott. Fabio De Lillo: fax 06- 6710 9305
e-mail:
f.delillo@comune.roma.it

"Il centro di comando delle piante è nelle radici"
Nelle radici il centro di comando delle piante.

18-02-2009

Pubblicato on line sulla rivista internazionale Pnas un innovativo studio di ricercatori fiorentini


Sta nelle radici, in particolare negli apici delle radici, il centro di comando delle piante. E’ la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, afferenti ai dipartimenti di Ortoflorofrutticoltura e al dipartimento di Fisica, che sarà pubblicata on line questa settimana sulla prestigiosa rivista internazionale Pnas (Proceedings of the National Academy of Science of United States of America).
Gli autori dello studio "Spazio-temporal dynamics of the electrical network activity in the root apex" (Elisa Masi, Marzena Ciszak, Giovanni Stefano, Luciana Renna, Elisa Azzarello, Camilla Pandolfi, Sergio Mugnai, Frantisek Baluska, Tito Arecchi e Stefano Mancuso) sono, infatti, tutti ricercatori dell’Ateneo fiorentino, tranne Baluska, che è dell’Università di Bonn ma fa parte del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, (LINV diretto da Stefano Mancuso) anch’esso situato presso il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, come gli altri due dipartimenti scientifici. Il lavoro dimostra l'esistenza diffusa all'interno dell'apice delle radici di cellule capaci di emettere e recepire segnali elettrici, similmente ai neuroni per gli animali. Ma dei neuroni queste cellule vegetali hanno anche un’altra proprietà, la sincronizzazione, cioè la capacità di emettere più segnali contemporaneamente. Questa caratteristica è stata osservata utilizzando per la prima volta sulle piante una tecnologia tipica della neurobiologia, i Mea (multi electrode arrays), dei microelettrodi che vengono applicati sulle radici per misurare i segnali. Infine, i ricercatori hanno scoperto che questi segnali elettrici vengono trasmessi da una cellula all’altra con un sistema, la conduzione neuroide, tipico degli animali che non hanno nervi, come alcuni invertebrati.


(Stefano Mancuso)




giovedì 29 gennaio 2009

L'assassino degli alberi
di
Grazia Deledda
Martinu Selu, Sarvatore Jacobbe e sua sorella Paska, un uliveto e una festa per l'innesto. Una rivalità in amore con Pietro Maria Pinneda l'innestatore quotato. Questi gli ingredienti per un racconto ricco di pathos e di colori di Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926, che hanno come tema l'antico mondo contadino degli alberi. Questa la lezione del racconto: gli alberi e in particolar modo quelli che danno frutto non si toccano, vengono prima delle persone e se per caso qualcuno prova a toccarli c'è una punizione severa :
" tu mi servirai gratis, tu mi farai il servo per altrettante settimane quanti alberi hai assassinato."
Leggete il racconto adesso!

I Quattro Pini di Osteno

Riceviamo da Carmen De Bernardi questo testo che documenta il taglio di quattro pini avvenuto a Claino/Osteno un paese in provincia di Como. Emozionante è vedere sia nel testo che nel blog che è stato aperto a riguardo ((http://4piniosteno.wordpress.com/). ) quanto sia importante la vita di un gruppo di alberi per la memoria storica di un paese. Di quanto sia forte la loro presenza e allo stesso tempo forte la loro mancanza. Si va con gli occhi a cercarli, con le mani a tastarli e loro non ci sono più.

"Fino al 17 dicembre 2008 l’entrata al paese di Osteno (frazione di Claino con Osteno in Provincia di Como) era caratterizzata dal ponte sul Torrente Telo oltrepassato il quale si trovavano i 4 pini sulla destra e l’entrata all’Orrido sulla sinistra. Per tutti quelli che hanno vissuto e vivono ad Osteno o vi hanno soggiornato, quel particolare luogo aveva un significato speciale. Ora l’ingresso al nostro paese, ha cambiato fisionomia. Nella mattina di mercoledì 17 dicembre 2008 i 4 Pini sono stati tagliati da tecnici incaricati dalla Provincia di Como (si e’ scoperto recentemente che il terreno sul quale sorgevano e’ di proprieta’ della Provincia stessa) adducendo come motivazione un possibile pericolo di crollo. Il sindaco di Claino con Osteno ha affermato di non essere stato messo a conoscenza del provvedimento e, quindi, non è intervenuto. I 4 pini avevano 80 anni. Esistono immagini dei primi anni ‘900 che testimoniano la loro presenza vicino ad una cappelletta. Il terreno ora e’ ad una quota di qualche metro piu’ alta rispetto ai primi anni del novecento per via dei riporti e dei sedimenti di terreno sovrapposti nel tempo.Quindi c’e’ da domandarsi come sarebbero eventualmente potuti cadere visto che piantati nel terreno c’erano alcuni metri di tronco prima delle radici. L’importanza del luogo era evidenziata anche dall’essere diventato toponimo: quando si diceva “andiamo ai 4 Pini” il riferimento era ad un preciso luogo, chiaro a chiunque frequentava Osteno. In una mattina è stato cancellato un piccolo “luogo del cuore” per Ostenesi e non. Quanti ricordi su quelle panchine sotto i Pini, quanti amori sbocciati all’ombra del loro rami, quante risate notturne, il profumo della resina, il fresco riparo delle fronde nelle torride estati. Si andava per pregare alla “Cappelletta”, per fare una camminata, per parlare, per aspettare qualcuno che doveva arrivare, per mangiare un gelato, per una sosta fresca e piacevole al rientro dalla spiaggia, per prendere il fresco dall’Orrido. Ci si trovava con gli amici e quando le panchine erano occupate, un po’ spiaceva. E’ stato il luogo di raduno di generazioni di ragazzi che hanno consumato i pantaloni e le gonne sedendosi d’estate al fresco dei 4 Pini. Erano un punto di riferimento, ma soprattutto un luogo di forte aggregazione dove, nell’avvicendarsi di generazioni di adolescenti, si sono strette salde amicizie, si sono consumate attese, si sono costruiti ricordi indelebili. C’e’ la certezza che l’indifferenza dimostrata dall’amministrazione del Comune per un provvedimento inspiegabile che non ha tenuto conto del valore ambientale, estetico, ma soprattutto affettivo che quei quattro antichi pini rappresentavano per la comunità tutta, ha contribuito alla distruzione di uno dei luoghi piu’ amati e caratteristici di Osteno, ma ha involontariamente suggerito la creazione di un nuovo monumento: il nostro paese può ora vantare anche il monumento alla Vuota Ottusità, un insulso marciapiedi con quattro dischi di legno agli angoli a sottolinearne la disarmante desolazione. Quei meravigliosi 4 pini all’ingresso del paese, che sembravano essere li per dare il benvenuto a tutti, ci mancheranno. Per ricordarli è stato fatto anche un manifesto a lutto e, dal giorno del taglio anche per protesta è stato messo un leggio con un libro per le firme e vengono posati lumini e fiori. Inoltre, dal dispiacere di giovani, adulti e anziani è nato un blog dedicato all’accaduto."

Carmen De Bernardi

Due mail sull'Arancio di San Domenico

Rapida e concisa , segno di grande professionalità , è giunta la risposta di Luca Patrignani alla mail che avevo spedito al giornale e pubblicata nel post precedente. Un caso/dibattito su quale sia l'albero più antico di Roma sembra si sia aperto, e se anche le pagine di questo blog non dovrebbero occuparsi di questo, pretendere che anche per la storia e la cultura degli alberi esista una "scientificità" è un modo per prendersene cura e considerarli non mera materia legnosa (utili per far carte, fuoco, carbone, o abbindati con le palle giochetti per gli umani) ma come esseri degni di più alta considerazione e rispetto. Pubblico la mail del giornalista di 24 minuti con la risposta con le mie motivazioni. Se avete argomenti o notizie che possano avallare nuovi punti di vista mandate una mail a legalberi@hotmail.com
Ecco la mail di Luca Patrignani:
"Grazie per l'attenzione dedicata al nostro articolo. Per quanto riguarda l'arancio secolare, come lei giustamente sottolinea nel suo gentile messaggio di posta elettronica, a certificarne l'età e il primato di "albero più antico della Capitale" sono due fonti, le più titolate in materia: il censimento 1998 (l'ultimo ufficiale) del Servizio Giardini del Comune di Roma, e l'elenco, anch'esso ufficiale, proposto dal Corpo Forestale dello Stato. Secondo quanto spiegato dal dott. Scarnati del dipartimento di Biologia vegetale dell'Università "La Sapienza", che cura l' informatizzazione dei dati provenienti dai censimenti del Servizio Giardini, il calcolo dell'età è riferito ai diversi tronchi che si sono generati spontaneamente, dopo che l'albero si è seccato, a partire dal patrimonio genetico originale. Per quanto riguarda la diffusione della Robinia Pseudoacacia, anche in questo caso come lei stesso ha già sottolineato nella sua attenta lettera, l'unico riferimento ufficiale è l'ultimo censimento (del 1998): non è certo possibile basare un articolo destinato alla diffusione su stime sui risultati di un censimento futuro. Il servizio Giardini del Comune, infatti, non è ancora in grado di fornire dati ufficiali sul numero attuale di Robinie e Ligustri.
Ed ecco la mia risposta
" Grazie per la sollecita risposta e per questo "caso" che si è aperto che dato che riguarda la Storia degli alberi è bene approfondire. Comprendo la sua buona fede nell’affidarsi alle parole di uno specialista degno e accreditato però spesso questo non basta e non bastano neanche elenchi ufficiali per dimostrare che un dato storico sia vero o falso. Da Storico degli alberi la mia finalità è quella di chiarire e sfatare un primato che è assolutamente privo di fondamento: ovvero che l’albero più antico di Roma è un arancio di settecento anni. Però proprio perché sulla Storia degli alberi ( e in particolar quella della Storia degli alberi di Roma che non si studia ahimè ancora in nessuna Facoltà universitaria) c'è poca attenzione e studio , questo è successo nel passato e continua ancora a succedere.:
Ma andiamo punto per punto agli argomenti della sua risposta :
- Intanto , se anche fosse : l'albero più antico della Capitale è l'arancio di San Domenico e non di San Daniele come è comparso scritto nell'articolo.
- Sulle affermazioni poi del Dottor . Luca Scarnati che ho avuto la fortuna di ascoltare nel suo intervento al convegno "Il Respiro di Roma" che dicono che " il calcolo dell'età è riferito ai diversi tronchi che si sono generati spontaneamente, dopo che l'albero si è seccato, a partire dal patrimonio genetico originale" ci sono poi almeno due ragionevoli dubbi.
"So di non sapere" è alla base del mio metodo di studio e per ciò che riguarda lo studio degli alberi questo è sempre un qualcosa che bisogna tenere a mente, però per ciò che riguarda le affermazioni del Dott. Scarnati penso che :
1 intanto che i tronchi non si sono generati spontaneamente perchè ho visto l'arancio ( e questo molto probabilmente lo Scarnati non ha avuto il tempo di farlo) dal tronco dritto nato o da piantina o da seme. L’età di un albero, poi, si calcola dalle dimensioni del tronco non dal patrimonio genetico. Le faccio un esempio all'Orto Botanico di Firenze c'è un figlio (ovvero riprodotto per talea, me lo ha confermato il botanico Mario Landi) del Taxodium mucronatum chiamato El Arbol che si trova in Messico a Tule, albero famoso(può andarlo a vedere su Grandi alberi del mondo di Thomas Packenham Edizioni De Agostini ) intanto per le sue dimensioni, un tronco con una circonferenza di 58 metri e poi per l'età stimata intorno ai 1600 anni. Ecco, non posso datare il figlio naturale dell’Orto Botanico di Firenze con lo stesso dell'albero madre, mi sembra evidente. La stessa cosa succede anche con le persone non so quanti anni lei abbia (io ne ho 47) e però i 47 anni si calcolano con i miei anni non con il patrimonio genetico dei miei avi, e questo pure mi sembra evidente. L’intervento del dottor Scarnati nel convegno si intitolava “Roma giardino d’Europa” e si è basato proprio sulla pubblicazione omonima fatta uscire nel 2006 dal Servizio Giardini. Nella pubblicazione il suo nome non compare tra gli autori , mentre ho sentito poco fa l'autrice dei testi della pubblicazione che riguardano gli alberi cioè Paola Lanzara, attualmente la maggiore storica e specialista per ciò che riguarda gli alberi di Roma, che mi ha confermato quello che è la mia idea ovvero che l'arancio è stato piantato recentemente
2- mentre un cipresso o un tasso o un ulivo possono vivere anche migliaia di anni (le consiglio di andare a vedere se già non lo ha visto l'ulivo- o meglio un ulivastro- che si trova a Canneto in Sabina che ha un età stimata di 1600/1700 anni) un arancio no, e affermare che un arancio ha settecento anni sarebbe il primo e unico caso nel mondo frutto più di un fenomeno miracoloso che scientifico (però io so di non sapere e se qualcuno vuol smentirmi lo faccia, forse imparerò qualcosa di nuovo).
- Terzo e ultimo punto. Scrivere che l’albero più diffuso a Roma è la Robinia pseudoacacia basandosi su un censimento fatto undici anni fa (mentre invece con i dati alla mano che hanno al Servizio Giardini - basta telefonare all’ufficio alberate e chiedere del gentilissimo e disponibile Dott. Messina- delle continue rimozioni di filari di Robinie a Sofore per fine ciclo vitale -l’albero più rimosso in assoluto proprio perché è quello che cade di più) equivale a scrivere che gli abitanti di New Orleans sono tanti e stanno tutti bene e così le loro case perché lo dimostra un censimento fatto dieci anni fa senza considerare l’alluvione che ha distrutto completamente la città. E se questo non ha senso per gli uomini perché dovrebbe averlo per gli alberi?
La ringrazio ancora comunque per la sua pazienza (nell’avermi risposto) e per l’amore e attenzione che dal sua articolo è arrivato per la causa degli alberi."

martedì 27 gennaio 2009

Totti è stato il più grande portiere della Roma

di Antimo Palumbo

Un titolo o un articolo così non lo vedrete mai su un giornale, perchè tutti sanno che Totti non è un portiere e numerose sarebbero probabilmente le lettere di protesta dei lettori o i "oh" di meraviglia per un articolo così poco preciso. Per quel che riguarda gli alberi e gli alberi di Roma ahime non è ancora così. Stupisce il pressapochismo con il quale la storia degli alberi di Roma viene trattata. Si continuano a ripetere storie e storielle molte delle quali riprese per sentito dire e soprattutto perchè si sa che nessuno andrà mai a controllare la veridicità di quello che si dice. Perchè l'argomento alberi che solo fino a trent'anni fa rappresentava cultura , in questo periodo e solo qualcosa che nei media rappresenta e fa folklore. Un folkore che non è quello delle nostre tradizioni popolari (quelle delle ricerche di Ernesto De Martino per intenderci) , sempre meno salde grazie alla cultura americana imperante che le stà annacquando come il buon vino, ma quello del cosiddetto pezzo di colore. Ecco quando si parla di alberi sui giornali spesso lo si fa come di un pezzo di colore. E in questo tipo di articolo l'esattezza dei dati non è prioritaria. Martedì 27 Gennaio 2009 è uscito infatti sul quotidiano serale gratuito "24 Minuti" un articolo dal titolo "Salviamo gli alberi in città" a firma Luca Patrignani in occasione dell'incontro "Il Respiro di Roma" e questo articolo contiene secondo me diverse inesatezze che ho voluto precisare con una mail di ritorno alla redazione del quotidiano.

Questa è una parte dell'articolo, quella che contiene le inesattezze:

" Ha 778 anni e, secondo la leggenda, è stato piantato da san Daniele nel chiostro del monastero di Santa Sabina sull’Aventino. È l’arancio di san Daniele, l’albero più antico della Capitale (nel tondo in basso). Il primato di albero più alto di Roma, invece, lo detiene un platano di 28 metri: si trova nel giardino botanico dell’Università La Sapienza. Di valore storico è il raro albero della canfora, alto 20 metri, che svetta in via Cernaia: è stato piantato nel 1855 per commemorare l’impegno dei bersaglieri nella guerra di Crimea. L’albero più diffuso è la Robinia Pseudoacacia: «negli anni ‘70 ha soffiato il primato ai platani, che sono stati gli alberi dei viali della Capitale fin dal 1800 - spiega Luca Scarnati, del dipartimento di Biologia vegetale de La Sapienza - a quell’epoca infatti i platani soffrivano a causa del cancro colorato, un fungo arrivato in Europa nel legno delle forniture dei soldati americani della Seconda Guerra Mondiale. Peccato che la Robinia non sia proprio adatta alle strade cittadine: ha rami molto fragili, che cadono facilmente». Capitale verde - Sono mille le storie che raccontano gli alberi di Roma: la Capitale conta, secondo i dati dell’ultimo censimento ufficiale (del 1998) 147.890 esemplari di ben 100 specie diverse. La città è la più verde d’Europa, almeno considerando l’estensione: ben 87.800 ettari di parchi e giardini. Secondo un altro censimento, realizzato dal Corpo forestale dello Stato, gli alberi della Capitale sarebbero addirittura 450 mila. Ma il verde a Roma non se la passa un granché bene: le criticità sono tante, tanti gli spazi naturali minacciati da crescita edilizia e incuria. "

E questa è la mail inviata alla redazione:

Gentile Redazione
“Quotidiano 24 Ore”
In merito all’articolo
“Salviamo gli alberi di Roma”
di Luca Patrignani uscito Martedì 27 Gennaio 2009 sul Vostro Quotidiano,
vorrei farvi notare alcune inesattezze nell’articolo suddetto che riguardano la Storia degli alberi di Roma. Ed anche se comprendo che il vostro è un quotidiano organizzato con articoli impostati per essere letti in poco tempo non così dovrebbe essere invece per quello dedicato a ricercare e approfondire le notizie di quello che si scrive. Sugli Alberi poi ci si può permettere di scrivere anche degli strafalcioni poiché poi nessuno controlla o ne è al corrente, mentre invece se la stessa cosa succedesse con il calcio (per esempio dicendo che Totti è stato il più grande portiere nella Roma) provocherebbe alla vostra redazione vagoni di lettere di protesta. Ma veniamo alle inesattezze.
1- Il Santo in questione di cui si parla è San Domenico di Guzman e non San Daniele.
2- Non è assolutamente vero che quello è l’albero più antico di Roma ed ha 778 anni. Intanto perché un Citrus aurantium, ovvero un arancio amaro (o anche se fosse un Citrus sinensis l'arancio dolce) , non potrebbe mai arrivare a quelle età e poi perché quello originario piantato nel 1217 da San Domenico da diversi secoli non è più in vita. Alla sua base agli inizi di questo secolo verso gli anni trenta ne è stato piantato uno (che poi è quello che si vede nella foto) che al massimo avrà settanta/ottanta anni. Tra l’altro visto che da diversi anni il chiostro è inaccessibile per lavori non era neanche possibile vederlo da vicino. Io ci son riuscito grazie alla buona disponibilità di un frate e vi assicuro che la storia dell’albero monumentale che ahimè è presente anche nell’elenco proposto dalla Forestale va assolutamente rivista. Basta andarlo a vedere da vicino , cosa che probabilmente l’autore dell’articolo non ha avuto il tempo di fare, per rendersene conto.
3- La Robinia pseudoacacia non è più l’albero più diffuso a Roma , lo era nell’ultimo censimento fatto nel 1998 ovvero undici anni fa dal Servizio Giardini. Ora proprio per i motivi illustrati da Luca Scarnati del Dipartimento di Biologia Vegetale della pericolosità della Robinia “non adatta alle strade cittadine” che la maggior parte delle alberate a Robinia sono state o vengono rimosse. Il prossimo censimento vedrebbe come albero più diffuso invece il Ligustro che nel censimento del 1998 era al quarto posto. Albero sempreverde piccolo e resistente molto tollerante di potature e smog.
Sperando che sia nel vostro interesse e in quello dei vostri lettori riferire dati esatti per ciò che riguarda la cultura degli alberi di Roma mi piacerebbe che correggiate le imprecisioni dell’articolo.
Vi invio i miei distinti saluti
Antimo Palumbo

venerdì 23 gennaio 2009

Il Respiro di Roma, salviamo i nostri alberi

L'associazione La Vita degli Altri onlus organizza per
Martedì 27 gennaio 2009 dalle 10:30
Casa del CinemaVilla Borghese - Largo Marcello Mastroianni 1 - Roma
un incontro su
IL RESPIRO DI ROMA SALVIAMO I NOSTRI ALBERI
"Il Respiro di Roma - salviamo i nostri alberi" è una giornata di convegno e incontri organizzata il 27 gennaio da LA VITA DEGLI ALTRI onlus, con l'adesione dell'attore Luca Zingaretti e l'amichevole ospitalità della Casa del Cinema, per fare il punto sul verde della Capitale e le sue emergenze. A partire dalle 10.30, interverranno i rappresentanti delle più importanti associazioni che si occupano di ambiente, biodiversità, cultura e territorio, ma anche esponenti di comitati civici, esperti, studiosi, a comporre una vera e propria mappa di quella che può senz'altro definirsi una situazione critica. Da Villa Borghese e altri parchi storici fino all'Agro Romano, alla Bufalotta, al Parco dell'Insugherata, al Fosso della Cecchignola o a Castel di Guido, il patrimonio ambientale e arboreo di Roma è unico al mondo quanto a varietà, ricchezza, antichità, e allo stesso tempo è straordinariamente minacciato da speculazione edilizia, inquinamento, incuria, in termini di cattiva manutenzione e sregolati abbattimenti.
Maggiori informazioni su

Noi non siamo stati invitati tra i relatori ( ma parteciperemo come interessati ascoltatori) e pertanto abbiamo avuto premura di farci conoscere attraverso una mail che sintetizza i nostri argomenti che abbiamo inviato agli organizzatori del convegno.
Gli Alberi e il Respiro di Roma

"Con piacere sono venuto a sapere attraverso canali : telefonici, mail e per ultimo l'uscita sul Venerdì di Repubblica dell'interessante iniziativa a favore degli alberi di Roma che avete organizzato per Martedì prossimo presso la Casa del Cinema. Concordo nel titolo uscito sul Venerdì di Repubblica che questo è un periodo allarme rosso per gli alberi di Roma. Dopo l'evento funesto del pioppo che ha ucciso un bambino il 6 Novembre dello scorso anno al Tuscolano, con la scusa della sicurezza molti sono gli alberi che senza incontrare nessuna resistenza da parte dei cittadini, "sbigottiti" da questi tagli, negli ultimi giorni sono stati tagliati a Roma. E mette timore lo stanziamento di tre milioni di Euro avvenuto qualche tempo fa dal Comune di Roma per un piano potature che al primo posto mette la parola sicurezza. Una sicurezza che piuttosto che sulla diagnosi e la cura (rifacendosi ai metodi oramai scientificamenti approvati dalla Società Internazionale di Arboricultura messi a punto da Shigo e Mattecks) si basa sull'eliminazione e il taglio. Mi son meravigliato che quando nell'articolo e nel comunicato che ho ricevuto si parla di invito alle Associazioni che si occupano di difendere gli alberi a Roma non ci sia stato nessun invito per Respiro Verde la lega per la difesa degli alberi, un movimento nato l'anno scorso che attualmente ha un blog ben frequentato, il cui fine è proprio quello della difesa degli alberi e in particolare di quelli di Roma, con argomenti documentati. Risale a qualche settimana fa la richiesta inviata al Sindaco, l'Assessore all'Ambiente, il Direttore dei Servizio Giardini per avere delucidazioni sul piano di potature di cui sopra. Mi son meravigliato anche perchè tra il titolo dell'incontro e quello della Lega c'è la stessa parola Respiro. Forse non siete a conoscenza del nostro lavoro, dimenticanza? Chissà. C'è sempre tempo per recuperare e conoscersi. Non ho partecipato alle manifestazioni di protesta per il taglio dei Pini di Piazza Venezia perchè nonostante la gravità del taglio, giustificata però dai lavori della Metro (siete andati a vedere lo scempio del cantiere della Metro C in via Teano, in quello che doveva diventare il Parco Somaini che ospita diversi esemplari di querce centenarie - e stò parlando di più di 200 anni- per le quali tremo pensando che un giorno di questi possano sparire ogni volto che ci passo vicino?) ho avuto sentore di propaganda politica. Utilizzare il taglio degli alberi per parlar male della nuova Giunta. E questo non rientra nelle nostre finalità . E' facile fare speculazione poltica utilizzando il tema degli alberi. Quello che noi vorremmo è che si iniziassero a creare dei presupposti affinchè, come avviene in altre parti del mondo, i cambiamenti per la cura e il rispetto degli alberi diventino evidenti. E in questo senso ci stiamo muovendo, facendo proposte , segnalando linee di intervento e indicazioni da seguire. Vi consiglio sul blog di Respiro Verde la visione del film I'm a Lorax I''m speak for the tree con la relativa petizione creata apposta per pretendere una priorità nei bilanci comunali della voce: alberi, cura e manutenzione. La nostra difficoltà in questi mesi è stata quella di coinvolgere persone a lavorare per un progetto comune :ovvero la difesa e il rispetto degli alberi che vivono in città. E' facile scendere in piazza per difendere il taglio degli alberi (che poi come finora è avvenuto a Roma - ricordo la battaglia delle albizie di Via dell'Università per esempio-, per il 90% dei caso vengono tagliati e le persone intervenute nella protesta si disperdono e pensano ad altro) ma difficile iniziare a pensare e lavorare per una nuova riqualificazione del sistema alberi a Roma. Un sistema che grazie anche al crollo della percentuale delle persone che gli alberi li amano e li conoscono vede una sempre più aumentata percentuale di persone che invece gli alberi non li vedono e preferirebbero non averli. Come storico degli alberi continuo a ripetere che gli umani e gli alberi sono entrambi condizionati dai processi della Storia . E la storia di questi giorni ci dice che ora in città gli alberi non devono sporcare (quanto pensate che durerà ancora il bellissimo viale di Diospyros kaki di fronte alla Casina Valadier?) non devono rompere i marciapiedi, quelli grandi possono cadere sulle macchine e quindi sarebbe meglio non averli per che "non sono sicuri"etc . E per lavorare per questa riqualificazione bisogna mettersi a lavoro affrontando i problemi reali al di fuori della propaganda politica o della sensibilità emotiva imminente ad un taglio. Per ciò che riguarda poi l'amministrazione degli Alberi a Roma non è che sia cambiato granchè , a livello strutturale. Su questo potrete trovare argomenti e materiale sulle pagine del blog. Solo per citare qualche esempio : non so se vi siete accorti che il lavoro (per il quale è stato stanziato 1 milione e settecento mila euro per due anni) per la risistemazione del Verde di Villa Pamphilj è stata affidato allo stesso architetto che ha curato quelle di Villa Sciarra e Villa Torlonia. Il responsabile delle ufficio alberate poi, che è quello che decide "dove o non dove tagliare", il vero comandante per ciò che riguarda gli alberi a Roma è sempre lo stesso. L'unica "punta dell'iceberg " che è stata cambiata è stata quella del Direttore del Servizio Giardini, Stefano Mastrangelo e dopo un periodo di direzione forzata affidata a uno zoologo (non lo diciamo fuori Italia se no si mettono a ridere) ora è stato affidato ad una persona capace ed etica (così sembra dal suo curriculum) che è Mario Vallorosi ex direttore del Ufficio decoro urbano, lo stesso che prima dipendeva direttamente dall'ufficio di Veltroni. Cambiato qualcosa? Niente! L'unica cosa che è cambiata è la priorità nelle aspettative dei romani che hanno eletto Alemanno cioè la sicurezza. Ed ora i criteri con i quali vedere gli alberi non sono: ossigeno, ombra, bellezza, ma solo ed esclusivamente sicurezza. Fosse per loro (per gli amministratori gli alberi sono solo scocciature) preferirebbero averli di plastica. Pensate che Alemanno nel 2003 quando era Ministro piantò insieme a Roberta Angelillo 19 alberi a Villa Glori per commemorare i caduti di Nassirya , che lo sappiamo tutti furono 19. Ebbene di quei 19 alberi ne sono rimasti solo 6, molti se li sono addirittura rubati. Se ci fosse stata sensibilità e attenzione e rispetto, sarebbero presto stati riimpiantati. Ma per un politico piantare un albero è propaganda per noi che li amiamo e li rispettiamo no.Per poi ciò che riguarda i problemi gravi di Roma e dei suoi alberi molti argomenti non sono stati neanche ancora inquadrati. Noi ne abbiamo proposti alcuni sui quali discutere, lavorare e vederli realizzati: 1 - Roma non ha ancora un suo regolamento sulla tutela del Patrimonio arboreo pubblico e privato; 2 - Non c'è un URP (Ufficio relazioni con il pubblico) accessibile per sapere e avere informazioni sugli alberi di Roma. Comunicare da parte di un cittadino con il Servizio giardini era è ed è ancor Top secret; 3 - Roma non ha un suo vivaio comunale, per non parlare di un arboreto o di un Orto botanico che chiude quando potrebbe essere visitato dai cittadini (che durante la settimana lavorano) cioè la domenica. Da quest'anno per mancanza di fondi è stata anche eliminata la minuscola scuola giardinieri che negli ultimi anni era diventata un corso di giardinaggio; 4 - La città non dispone di una deceppatrice, e quindi non può piantare alberi dove ci sono ceppaie ma per farlo deve rivolgersi a ditte private; 5- Roma è' una città dove la legge Rutelli che prevede la piantumazione di un nuovo albero per ogni bambino nato non viene applicata. Insomma gli argomenti sono tanti e ben venga un incontro ben impostato ed elaborato come quello di Martedì presso la Casa del Cinema. Noi ci saremo. E saremo ben lieti di ascoltare le relazioni dei partecipanti."
Antimo Palumbo

L'unione fa la differenza

Ecco la risposta degli organizzatori del convegno. Per tutti quindi appuntamento a martedì. Le fronde degli alberi che vivono in città mosse dal vento sembrano dire "meno male qualcuno inizia ad occuparsi delle nostre sorti".

"Buonasera e moltissime grazie per averci scritto. Purtroppo non è stato possibile invitare a intervenire tutte le validissime associazioni che si occupano di verde a Roma, ma solo quelle con cui già esisteva una conoscenza diretta o indiretta. Tuttavia uno dei primi intenti della manifestazione è proprio quello di creare una rete di contatti e di incominciare a conoscerci tutti meglio, nella speranza di poter collaborare a obiettivi comuni, poiché l'unione fa la differenza. La vostra presenza sarà dunque particolarmente gradita, attesa e preziosa. A martedì.
Margherita d'Amico